Sulla riva sinistra dell’omonimo stagno, chiamato anche Mari Pontis, Cabras sorge a pochi chilometri da Oristano, con la quale confina ad est, mentre ad ovest si affaccia sul mare e con i suoi trenta chilometri di costa comprende la penisola del Sinis e i due isolotti disabitati del Catalano e di Mal di Ventre. Attestato anche con il nome di Capras, riflette il latino capra o il sardo “crapa”, “crawa”, “crabas”.
Alla fine dell’ XI secolo, i primi abitanti si stabilirono intorno al castello, residenza dei giudici arborensi, di cui oggi rimangono pochissimi ruderi, quando Tharros, a causa delle incursioni fenicio puniche, si spopolò.
Durante il periodo dei giudicati sardi ebbe una discreta importanza ed è presente con la denominazione di “villa de Capras”, nella importante pace stipulata tra Eleonora d’Arborea e il sovrano aragonese nel 1388.
Nel 1410 venne istituito il Marchesato di Oristano entrando a far parte dei territori ex giudicali come feudo alla famiglia Cubello che venne sconfitta dai Catalano-Aragonesi nel 1478. I territori vennero assorbiti nel demanio della Corona di Aragona e poi in quello della Corona di Spagna.
Nel 1479 Oristano diventò città regia. La dominazione spagnola proseguì sino agli inizi del XVIII secolo sinché nel 1713, con la pace di Utrecht, la Sardegna passò in mano agli Asburgo d’Austria e nel 1720, con la pace dell’Aja, definitivamente assegnata ai Savoia.
COSE DA VEDERE
Nel suo territorio sono comprese zone lagunari di grande interesse naturalistico: primo tra tutti, lo “Stagno di Cabras”. Un tempo si andava a pesca con imbarcazioni dalla forma appuntita, “is fassonis”, costruite con erbe palustri essiccate al sole, usando la stessa tecnica usata dai Fenici. Si estende per circa 20 km2, ed è uno dei più grandi d’Europa protetto dalla Convenzione di Ramsar. Si trovano, inoltre, la laguna di Mistras, gli stagni di “Mare ‘e Pauli” e “Pauli ‘e Sai”. Quest’ultimo è stato denominato area protetta del WWF, per la presenza del Pollo Sultano, specie in via d’estinzione. Di tutti questi stagni la più grande attrattiva turistica è il fenicottero rosa, visibile dalle passerelle costruite appositamente lungo le rive dello stagno di Cabras.
Altra area protetta dal WWF è “Seu” che si trova nella Penisola del Sinis. La costa si presenta nella parte meridionale, rocciosa intorno a San Giovanni di Sinis, verso nord diventa prima sabbiosa (spiagge di Punta Maimoni, Is Arutas, Mari Ermi) poi, procedendo ancora verso nord, è caratterizzata da alte falesie fino a Capo Mannu. Sotto Capo Mannu si apre la Cala Saline con la Salina e la spiaggia di Putzu Idu. Antistante la costa della penisola si trova l’isolotto di Mal di Ventre. Chiamata in sardo “Malu Entu” , che significa “cattivo vento” per via delle condizioni metereologiche influenzate sia dalle brezze termiche determinate dalla relativa vicinanza alla Sardegna, sia dal maestrale. Le acque intorno all’isola sono popolate da tartarughe marine della specie Caretta Caretta e da cetacei. Secondo quanto riferito da Alberto La Marmora, un tempo erano presenti anche le foche monache. Partendo dalla bella spiaggia di Putzu Idu, è possibile raggiungere l’isola di “Malu Entu” tramite battelli che offrono l’opportunità di effettuare escursioni di un’intera giornata.
Nella parte meridionale della penisola del Sinis, vi è un lembo di terra che termina con una scogliera a picco, ove è situato il faro di Capo San Marco. Il mare attorno offre spunti interessanti sia per chi pratica snorkeling, sia per le immersioni in subacquea. Partendo dal villaggio di San Giovanni di Sinis, si trovano le famose rovine della città fenicia di Tharros. E’ un museo all’aria aperta dove è possibile vedere soprattutto ciò che risale al periodo della dominazione romana.
Tra le strutture più importanti e interessanti ci sono le terme, le fondamenta del tempio e una parte dell’area con le case e le botteghe artigiane. La maggior parte dei manufatti ritrovati nel corso degli scavi sono visibili presso:
– il Museo archeologico nazionale di Cagliari;
– l’Antiquarium arborense a Oristano;
– il Museo archeologico comunale Giovanni Marongiu di Cabras;
– il British Museum di Londra dove però non sono esposti.
L’area di Tharros, conserva inoltre numerose testimonianze del periodo nuragico, tra cui due nuraghi e il villaggio sulla collina di Muru Mannu. Quelle più antiche provengono dalle due necropoli ad incinerazione risalenti circa alla metà del VII sec. a.C.
Nella località di Cuccuru is Arrius, sono state trovate tombe risalenti al neolitico (4000 a.C.). Le statuette rinvenute nei corredi funerari testimoniano la religiosità di quel periodo, pervasa dal culto del dio Toro e dalla dea Madre. All’epoca nuragica risalgono invece le statue monumentali scolpite in arenaria gessosa di guerrieri o atleti provenienti dal sito di Monti Prama, antecedenti ai kouroi della Grecia antica, e dopo le sculture egizie.
A breve distanza da Cabras a Paulilatino potrete visitare l’importante Pozzo e Villaggio Nuragico S. Cristina, ricco di magnetismo, fascino e mistero.
La chiesa principale è la parrocchiale di Santa Maria Assunta patrona anche della città, costruita nel XVII secolo con i ruderi del Castello degli Arborea, sorge dove un tempo erano ubicati i grandi magazzini del Castello; nel 1908 durante gli scavi eseguiti per realizzare la nuova facciata, furono rinvenuti infatti alcuni orci molto grandi. Altra chiesa importante è quella di San Giovanni di Sinis che sorgeva originariamente su un’area cimiteriale pagana, successivamente cristiana, costruita in blocchi di arenaria biancastra. Di grande valore storico culturale è l’ipogeo della chiesa di San Salvatore, usato forse come catacombe, come carcere e come rifugio nei primi tempi del Cristianesimo. Sotto la chiesa si trova il Tempio sotterraneo pagano di Marte e Venere (300 d.C. circa), nel quale, dall’epoca nuragica sino alla fine del mondo antico, veniva venerato il culto pagano dell’acqua sorgiva, sostituito col culto cristiano per San Salvatore, praticato inizialmente nel tempio e successivamente nella chiesa soprastante; la chiesa di San Giovanni. Nel villaggio omonimo, tutti gli anni, la prima domenica di settembre, si svolge la tradizionale processione, famosa come la “Corsa degli scalzi”, dove centinaia di giovani e adulti, vestiti con il saio bianco dei penitenti e scalzi, portano, correndo per circa 7 km lungo le polverose strade del Sinis, il simulacro dalla parrocchiale sino al santuario di San Salvatore, rievocando così il salvataggio della statua da un attacco dei Saraceni. Il giorno dopo, il rito si ripete in senso inverso e Il Santo fa’ ritorno a Cabras.