Immagina un giorno qualunque di oltre tremila anni fa.
Il sole cala lento tra i rilievi del Guilcer (area geografica nel centro della Sardegna), tingendo di rame le torri ciclopiche dei nuraghi. Un uomo poggia i piedi nudi su grappoli d’uva scura, pigiando con gesto ritmato dentro una vasca scavata nella roccia. Accanto a lui, una donna versa il mosto in brocche d’argilla decorate.
Quel gesto, ripetuto ogni anno, è il primo brindisi sardo della storia.
In Sardegna, si produceva vino già prima dei Greci e dei Romani.
E oggi, grazie all’archeologia, possiamo ricostruire le tracce lasciate da una civiltà che ha scolpito nella pietra anche il rito del bere.
✅ Le prime viti coltivate in Sardegna: una scoperta rivoluzionaria.
La pubblicazione “La vite e il vino al tempo dei nuraghi” ha messo in luce prove straordinarie: la presenza di vite domesticata in Sardegna già nel Bronzo Medio, molto prima che in altre regioni d’Europa.
Nel pozzo nuragico di Sa Osa (Cabras), scavato a partire dagli anni 2000, sono stati ritrovati oltre 15.000 vinaccioli carbonizzati e mineralizzati, datati tra il XIV e il IX secolo a.C.. Le analisi morfometriche e genetiche (Bacchetta et al.) hanno dimostrato che si trattava di vitis vinifera subsp. vinifera, cioè uva domesticata, e non selvatica.
I semi erano conservati in uno strato archeologico chiuso, assieme a semi di cereali e legumi, suggerendo un’agricoltura complessa e già specializzata.
✅ La vinificazione tra i nuraghi: tecnologia e tradizione.
Gli studi illustrati nella pubblicazione confermano l’uso di torchi litici per la vinificazione. Nel sito di Monte Zara (Monastir), la vasca trapezoidale scolpita nella roccia (torchio rupestre) è stata analizzata con tecniche moderne: spettrometria HPLC e UHPLC, che hanno rilevato acido tartarico, acido succinico e altri composti organici residui della fermentazione.
Questo è il torchio più antico del Mediterraneo occidentale attualmente documentato, e risale all’Età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.).
“La Sardegna rappresenta la più antica area documentata per la domesticazione della vite in tutto il Mediterraneo occidentale”
— Bacchetta, Caboni, Sarigu, La vite e il vino al tempo dei nuraghi

Nel Nuraghe Genna Maria (Villanovaforru), un altro torchio è stato identificato come impianto funzionale per la produzione di vino su scala significativa.
Secondo la pubblicazione, ogni ciclo poteva lavorare fino a 250 kg d’uva, con una resa di circa 100–120 litri di mosto. Un’efficienza straordinaria per l’epoca.
✅ Il vino come simbolo: rito, status e comunità.
Gli studi descritti nell’opera mettono in luce anche l’importanza rituale e simbolica del vino tra i nuragici.
Sono stati rinvenuti askoi, brocche e bicchieri nei contesti religiosi e funerari, con tracce di sostanze organiche compatibili con il vino.
In particolare, nei santuari di S’Arcu ’e Is Forros, Serri, Villanovafranca, il vino veniva consumato collettivamente in contesti rituali, probabilmente legati al culto e all’identità comunitaria.
“Il vino era associato a pratiche religiose, scambi cerimoniali e momenti di aggregazione. Non era solo un bene alimentare, ma un elemento carico di valore simbolico.”
— La vite e il vino al tempo dei nuraghi
✅ Un’economia del vino già globalizzata?
L’analisi della pubblicazione si spinge anche oltre l’isola: le anfore sarde ritrovate nel relitto di Ulu Burun (vicino Malta), contenenti tracce di vino, dimostrano che la Sardegna esportava vino nel Mediterraneo orientale già nel Bronzo Finale.
Questo testimonia non solo una produzione organizzata, ma anche una capacità commerciale e relazionale sorprendente per un popolo privo di scrittura.
✅ Un’eredità viva: il vino nuragico oggi.
Secondo gli autori dello studio, il Cannonau potrebbe essere l’erede diretto delle antiche viti nuragiche. Le analisi genetiche sui vinaccioli ritrovati in vari siti (Sa Osa, Borore, Sardara) mostrano una continuità morfologica e genetica con le varietà attuali. Quando oggi assaporiamo un calice di Cannonau, potremmo essere più vicini di quanto immaginiamo a ciò che bevevano i nuragici tre millenni fa.

✅ Per chi vuole approfondire.
Pubblicazione principale:
- La vite e il vino al tempo dei nuraghi.
Autori: G. Bacchetta, P. Caboni, M. Sarigu, M. Ucchesu.
Università di Cagliari – Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente.
Altri riferimenti utili:
- Bacchetta et al. (2020), Vinaccioli domestici a Sa Osa, in ResearchGate.net.
- Ercole Contu, Ed. Carlo Delfino (2019): Un drink al nuraghe.
- Le Strade Del Vino: Alle radici del vino sardo.
- Sardegna Turismo: Il vino in Sardegna da tremila anni.
👉 N.b.: L’immagine di testa, raffigura il torchio nuragico ritrovato a Monastir presso il Monte Zara. Da famedisud.it.