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Gennarxu: gennaio in Sardegna.

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Gennarxu e Gennargiu al sud della Sardegna, Ennarzu e Bennarzu al nord: siamo nel mese di gennaio, il primo di dodici mesi e il mese che apre tutte le filastrocche insegnate ai bimbi. Gennaio è tempo di rinnovamento e buoni propositi, ma rappresenta anche un bambino che ha freddo, seduto accanto al fuoco di una delle molte filastrocche per i più piccoli:

“Gennàrgiu, mort”e frius est sètziu peis a fogu“.

Si pensa comunemente che il nome di gennaio possa avere origine da una delle divinità romane più antiche, Giano Bifronte, il dio con due volti che simboleggia l’inizio e la fine di ogni cosa.


Il culto di Giano

A differenza di molte altre divinità antiche, Giano non è assimilabile a figure ellenistiche, è un dio caratteristicamente romano. Tuttavia, potrebbe avere radici in divinità della tradizione sumerico-babilonese come Isimud o Ansar, entrambi raffigurati con due facce. Il suo culto è probabilmente molto antico e risale a un’epoca primitiva, quando le pratiche religiose delle popolazioni italiche erano fortemente collegate ai cicli naturali della raccolta e della semina. In ogni caso, il termine “Ianus” potrebbe derivare da “ianua”, che in latino significa “porta”, suggerendo così il significato delle due teste: una rivolta verso il passato e l’altra verso il futuro. Gennaio segna infatti la transizione tra il vecchio e il nuovo anno, con la porta che simboleggia il cambiamento e il passaggio.

Busto di Giano Bifronte conservato nei Musei Vaticani (Da Wikipedia di pubblico dominio)

Numerosi epiteti usati per descrivere questa divinità – “Divum Deus”, “Divum Pater”, “Ianus Pater”, “Ianus Bifrons” – indicano che molti studiosi credono che Giano fosse probabilmente la figura centrale del pantheon romano in epoca primitiva. Anche Sant’Agostino, nel suo “De civitate Dei”, fa riferimento al fatto che “ad Ianum pertinent initia factorum”.

Per i romani antichi, Giano non era figlio di alcuna divinità, ma, in quanto “padre degli dei”, era sempre presente fin dall’origine di tutte le cose. Questo è confermato anche nei “Fasti” di Ovidio, dove si racconta che Giano era presente quando i quattro elementi si separarono per dare vita a ogni cosa. Anche Varrone si riferisce a Giano come “Cerus”, ovvero “creatore”, riconoscendolo come il supremo iniziatore del mondo.

Nella sua riforma del calendario romano, Numa Pompilio dedicò a Giano il primo mese che segue il solstizio invernale, il quale divenne il primo mese del nuovo calendario con la riforma giuliana del 46 a.C.

Gennaio e i fuochi: tra Sant’Antonio Abate e San Sebastiano

Come accennato, il mese di gennaio rappresentava il passaggio dal trascorso al futuro, e, come in tutti i rituali di transizione, il fuoco assume un significato simbolico e favorevole. Non sorprende che in diverse regioni d’Italia gennaio sia associato a uno dei santi più “ambigui” di sempre: Sant’Antonio Abate. Anche la Sardegna non è da meno, con oltre un centinaio di comunità che celebrano “Sant’Antoni ‘e su fogu”.

I primi falò appaiono con l’Epifania e si intensificano fino a coinvolgere tutta la Sardegna per la festa di Sant’Antonio Abate, seguita da quella di San Sebastiano. Durante il mese di gennaio, infatti, si dedica a tali celebrazioni per simboleggiare il passaggio dall’oscurità alla luce, momento in cui le ore di sole tornano ad aumentare in previsione della primavera, salutando il vecchio anno e accogliendo il nuovo. Questi rituali uniscono aspetti sacri e profani, con pratiche pagane e cristiane che si fondono, dando vita a tradizioni antiche con radici profonde che si perdono nel corso del tempo.

I riti del fuoco, dal potere purificatore, favorevole, divinatorio e consacratorio, risalgono a origini molto antiche in Sardegna. Tra il 16 e il 17 gennaio, circa cento comunità celebrano Sant’Antonio Abate, il “santo del fuoco”, che viene paragonato a Prometeo, con numerosi falò in una scena vibrante di profumi, luci e scintille. Questa celebrazione è una delle più antiche e radicate nella cultura sarda e continua a essere profondamente sentita.

Ma i falò proseguono anche per San Sebastiano, che si festeggia dal 19 al 24 gennaio. Anche per questa celebrazione si fondono elementi di rituali pagani e cristiani. I festeggiamenti si svolgono in tutta l’isola, ma sono particolarmente vivaci nel campidano, con “Su Fogadoni” o “Su Fogaroni de Santu Srebestianu”. Anche in questo caso, la legna viene raccolta settimane prima per dare inizio al grande falò.

Queste antiche celebrazioni popolari testimoniano la varietà e la ricchezza di una splendida isola come la Sardegna, la sua convivialità, il suo fascino e la magia che la caratterizzano, conferendole un’assoluta unicità.


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Roberta Carboni has been a tourist guide and art historian for more than 10 years. She lives in Cagliari and is passionate about Sardinia, which she has loved so much, all her life, which is why she has chosen to tell its story through exclusive thematic tours. In this way, she contributes to making the island known not only to those who do not yet know it, but also to the Sardinians themselves. The tours take place both within Cagliari, i.e. in the historic centre and other parts of the city, and in the surroundings of the city, going also to the south and centre of Sardinia.

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