Italiano English

Natale in Sardegna: tra storia, rito e tradizione.

Condividi

Durante il diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo in Sardegna, quando l’industria non aveva ancora sostituito l’agricoltura e l’allevamento, il Natale rappresentava un periodo significativo di unione sociale, un’occasione per ristabilire l’integrità del nucleo familiare, spesso temporaneamente scossa dai legami con la transumanza maschile verso i pascoli o le campagne.

Il Natale in Sardegna non è solamente una festività: È LA festività per eccellenza. Tuttavia, piuttosto che accogliere il significato simbolico della nascita di Gesù come un momento di felicità e speranza, l’Isola, con le sue radici tribali, pagane e mistiche, si appropria del ricco patrimonio magico-religioso legato al Solstizio d’Inverno, influenzando i cicli agricoli e gli equilibri naturali.

“Sa Paschixedda”, in contrapposizione a “Sa Pasca Manna”, ovvero la Pasqua, rappresenta una celebrazione unica che simboleggia l’unità familiare, la condivisione e, soprattutto, la tradizione.

Le tradizioni natalizie sarde si manifestano attraverso numerosi aspetti della cultura, sia materiale che immateriale, che spaziano dai cibi alle storie popolari fino ai rituali religiosi, sempre rigorosamente permeati da un incantevole retaggio di paganesimo.


Il ritorno dei pastori.
Nei giorni che precedevano il Natale, i pastori ritornavano a casa dopo un lungo periodo di transumanza, accolti dalle proprie mogli e dai propri figli; questi ultimi, spesso, erano cresciuti troppo in fretta e per lungo tempo senza la figura paterna. Tuttavia, quel ritorno costituiva un momento cruciale non solo per la famiglia, ma per l’intera comunità, che, durante la vigilia, si riuniva nella “nott’e xena”. Il tepore e la luce della casa, uniti ai racconti e alle leggende narrate dai più anziani per intrattenere i bambini, animavano un pasto semplice consumato esclusivamente per il piacere di celebrare il rientro. La vera abbondanza del pasto si manifestava il 25. Dalla macellazione del maiale, una famiglia si sosteneva non solo nei giorni festivi, ma talvolta anche per quasi un intero anno. L’abbattimento di un maiale rappresentava, da sempre, un evento catartico che segnava occasioni importanti e momenti speciali nella vita di una comunità o di un villaggio.

Nella sua opera “Miele Amaro”, Salvatore Cambosu scrive:

“Certo, ci vuole proprio un villaggio perché un bambino come Gesù possa nascere ogni anno per la prima volta. In città non c’è una stalla vera con l’asino vero e il bue. Non si ode belato, e neppure il grido atroce del porco sacrificato […] In città è perfino tempo perso andare cercando una cucina nel cui cuore nero sbocci il fiore rosso della fiamma del ceppo”.

Il focolare e le sue storie.
Il focolare, quindi, già centro della vita domestica, a Natale acquista un significato simbolico ancora più profondo, trasformandosi quasi in un rito. Era una pratica molto comune in molte zone della Sardegna imbiancare le pareti nere del camino in preparazione alla Vigilia. La sera del 24 Dicembre, il fuoco veniva alimentato su un grande ceppo di legno conservato appositamente per l’occasione, conosciuto come “su truncu e’xena”, che doveva ardere per tutte le festività fino all’Epifania. Si doveva prestare attenzione a non spegnerlo, ma anche a non farlo bruciare completamente, con la convinzione che questa pratica rituale avrebbe portato fortuna e prosperità alla famiglia.
Nel contesto dei nuclei familiari più indigenti che non erano in grado di sostenere un pranzo sostanzioso, la collettività manifestava la propria generosità presentando la cosiddetta “mandada”: una riserva di alimenti che raramente veniva utilizzata in ampie porzioni nel corso di tutto l’anno (salumi, latticini, dolci).

Cucina tipica di casa sarda campidanese – Foto da Museo Casa Steri, Siddi

Era ovvio che i veri protagonisti del Natale fossero i bambini, i quali solo in determinate festività potevano restare svegli fino a tardi. E curiosamente, proprio i bambini diventavano i destinatari di favole e narrazioni inquietanti che servivano da veri e propri terrori. Le storie riguardo a streghe e figure fantastiche che disturbavano la serenità delle notti festive variavano da un villaggio all’altro, pur essendo tutte simili: da Maria Mangrofa – la strega mangiatrice di bambini di Orosei – a Maria Puntaoru – essere malvagio che palpava il ventre dei bambini mentre dormivano e, se questo risultava vuoto, avrebbe infilzato il loro stomaco con uno spiedo d’oro appuntito. Tuttavia, oltre a spingere i bambini a seguire le buone maniere, queste leggende si rivolgevano anche agli adulti, spesso accecati dall’avidità e dall’odio. Così, si sviluppavano racconti su fantasmi e creature demoniache che erano poste a guardia di tesori nascosti o storie affascinanti riguardo amori infranti e tradimenti.

I giochi natalizi.
Un’importanza particolare era attribuita ai giochi. Il più diffuso era “su barrallicu”, una trottola con quattro facce, ognuna delle quali riportava una lettera: T per “tottu” (=tutto), N per “nudda” (=niente), M per “metadi” (=metà) e infine, l’ultima e meno fortunata, la P per “poni” (=metti). A turno, si faceva girare la trottola e questa, fermandosi, forniva l’istruzione precisa al giocatore: nel caso della lettera T, il fortunato avrebbe preso l’intero bottino del gioco, mentre nel caso della P, avrebbe dovuto concedere parte del suo. Il bottino consisteva in noci, castagne e frutta secca.

Su barrallicu – Foto di Alessandro Cani Flickr

La messa di mezzanotte e i presagi.
Al suono delle campane a mezzanotte, le famiglie uscivano dalle loro abitazioni per partecipare a “sa Miss’e puddu”, cioè la messa segnata dal primo canto del gallo, che probabilmente mantiene legami con la “Missa del gall” di origine catalana.

Oltre alla possibilità di incontrare conoscenti non facenti parte della famiglia, la messa di mezzanotte rappresentava un evento sociale molto sentito, specialmente dalle donne in attesa di un bambino. Secondo alcune credenze popolari diffuse, infatti, le donne che non partecipavano alla messa correvano il rischio di perdere il bambino o di partorire un neonato non sano. Si trattava di tradizioni popolari profondamente radicate, spesso esorcizzate tramite pratiche magiche e sciamaniche, che avevano molto in comune con le antiche fedi pagane invece che con una devozione cristiana autentica e pura.

Il potere ancestrale di questa notte magica si rifletteva anche sui bambini nati poco prima della mezzanotte, i quali, secondo antiche credenze, erano protetti da corruzioni fisiche e malattie. Oltre al privilegio di non perdere denti e capelli nel corso della vita, si riteneva che avrebbero goduto di una lunga vita. Nel Logudoro, invece, si pensava che i bambini nati la notte del 24 Dicembre avrebbero preservato le 7 case del vicinato (il numero 7 porta con sé molteplici riferimenti al mondo precristiano ed è fondamentale nella numerologia esoterica e nella filosofia mistica).

Dulcis in fundo, un posto particolare era riservato ai dolci tipici. Da “sa tunda”, dolce pane rotondo arricchito con noci e uvetta, a “su bacchiddu ‘e Deu”, pane allungato e abbellito per somigliare al pastorale del vescovo, fino alle “pabassinas”, biscotti glassati a forma di rombo con una miscela composta da mandorle, farina, sapa, uvetta, noci e nocciole.

L’immagine in testa all’articolo, è un dipinto di Giuseppe Biasi, Costumi di Orune – 1934 tempera mista su cartoncino, Si trova esposto presso il Museo MAN di Nuoro.


Riferimenti Bibliografici

  • G. Deledda, Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna
  • C. Zedda, Creature fantastiche della Sardegna
  • S. Cambosu, Miele amaro
  • G. Calvia, Il Natale in Sardegna

Ulteriori approfondimenti:


Vuoi visitare Cagliari e i dintorni? Partecipa ai tour guidati di Roberta Carboni!

Roberta Carboni è una Guida turistica, da oltre 10 anni e Storica dell’arte, vive a Cagliari ed appassionata di Sardegna, che ama così tanto, da tutta la vita, ed è proprio per questo che ha scelto di raccontarla, attraverso tour tematici esclusivi. In questo modo, contribuisce a far conoscere l’isola non soltanto per chi ancora non la conosce, ma anche per gli stessi sardi. I tour si svolgono sia all’interno di Cagliari, quindi nel centro storico e in altre parti della città, che nei dintorni della stessa, spingendosi anche nel sud e centro della Sardegna.

Conosci meglio Roberta Carboni – Guida turistica a Cagliari e partecipa anche tu ai suoi Tour tematici…

SCOPRI DI PIU’


Condividi
0 0 voti
Valutazione
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Feedbacks
Guarda tutti i commenti

Vuoi entrare a far parte del nostro portale?

Vuoi aggiungere la scheda della tua attività in sardegnacountry.eu? Mandaci la tua richiesta, cliccando sul pulsante sottostante.

0
Mi piacerebbe conoscere il tuo parere, si prega di commentare.x